Villanova di Bagnacavallo. Nel 1915 Manetto Manetti ha 18 anni compiuti e va per i 19… Il suo mestiere è quello del birocciaio, ed essendo il maschio più grande di dieci fratelli e sorelle, su di lui ricade l’importante compito di disegnare, giorno per giorno, il futuro della sua famiglia. Più grandi di lui ci sono solo le due sorelle Vittorina (la maggiore) e Laurina. La prima è fidanzata con Pietro Minguzzi, detto Pirì, mentre la seconda è già sposata e vive a Mezzano con la sua nuova famiglia. La chiamata alle armi lo catapulta in zona di guerra, strappandolo alla sua quotidianità, dal confronto costante con la sorella maggiore e dalle simpatie verso alcune ragazze del paese, in particolare “la cugina della Chilina”, forse una fidanzata in via di ufficialità?
La corrispondenza fra Vittorina e Manetto è fitta, contraddistinta dall’ansia per le sorti ignote di Pirì, che si dice sia stato fatto prigioniero e di cui non si hanno notizie. Al contempo, Manetto interagisce da lontano col contesto famigliare, riprendendo le sorelle più piccole quando si fanno gli affari suoi, aprendogli la posta e scoprendo le sue corrispondenze con alcune ragazze, salutando in modo affettuoso il fratellino di sette anni Crisostomo, detto Giaza, che diventerà parroco da adulto, e informandosi costantemente sui suoi famigliari ed amici.
In questo articolo dell’anno scorso ho delineato in maniera piuttosto generica la storia di Manetto, ma ora lascerò che siano le lettere, e solo queste, a dar luce a questa storia. Ringrazio Cristina, la mia cugina di secondo grado, per avermi permesso di sfogliare queste preziose testimonianze che credevo perdute per sempre.
Manetto alla sorella maggiore Vittorina
11 agosto 1916
Cara sorella,
ti mando questa cartolina per darti mia notizia. Ti dirò pure che io sto bene di salute, e così voglio sperare anche di te. Sento dalla lettera che Pietro (Minguzzi, fidanzato di Vittorina; ndr) parte e va in Albania. Non avvilirti, che se arriva a scapparla dal mare, dopo è nel sicuro: il più pericolo è in mare, dunque di mare hanno otto ore da fare, e dopo è più sicuro che in questi fronti.
Sarà un po’ troppo lontano da casa, ma poi la vita nel sicuro. Quando ci dovevo andare io, mi dispiaceva solo perché era troppo lontano, ma per essere sicuri si è più sicuri, che io ho parlato con della fanteria che veniva da là, era uno di Bagnacavallo. Dunque fatti coraggio, che lui è nel sicuro.
Manetto alla sorella maggiore Vittorina
29 novembre 1916
Oggi stesso, qui dove mi trovo io, ho trovato il reggimento del cugino Antonio. Sarebbe poi il 5° reggimento nel quale ho trovato un mio primo compagno di Santerno, e vedrai che il bovaro lo conosce, è il figlio di Brò. Lui mi ha detto che è stato anche con Antonio (Manetti, figlio di Clodoveo e cugino di Manetto; ndr) e con Zoli (Arturo, marito di Lauretta Manetti, sorella di Manetto; ndr) e qui è venuto assieme con Dercisio e Gnoti di Tribulé. Loro si sono lasciati quel giorno che sono rimasti prigionieri, ed è rimasto lui solo. Non puoi immaginare che contentezza ho provato nel vederlo. Da principio non l’avevo conosciuto, ma dopo ci siamo conosciuti. Ho sentito di Pietro che si trova a casa sua, io non posso venire per ora.
Manetto alla sorella maggiore Vittorina
14 agosto 1917
Ora mi trovo in un paesetto, e si sta molto bene, fuori da tutti i pericoli. Io sto bene e così spero che ne sarà anche di te stessa. Avevo scritto a casa, poi ti avevo mandato l’indirizzo nuovo, ma sarà meglio che mi scrivete con l’indirizzo della batteria perché viene già un mio compagno e mi porta la posta.
Manetto ai genitori Domenico e Adele
1 ottobre 1918
Carissimi genitori, approfittando dell’occasione vi mando notizia su Innocente. La mia salute è ottima, e come spero che ne sia il simile anche di voi tutti in famiglia. Appena ricevuto questa mia, datemi subito risposta, perché non ho ricevuto vostre notizie da un pezzetto. Ho ricevuto solo la lettera del 12 dove mi diceva che era ammalata la nonna, ma che era in via di guarigione. Spero che sarà già guarita e che non ci sarà più nessun malato nella nostra famiglia. Se per disgrazia ce ne fosse, vi prego avvertitemi subito che desidero sapere tutto, e se vi dovesse accadere la disgrazia di ammalarvi uno di voi, lo sapete come dovete fare. Però questo non voglio che avvenga mai, perché mi recherebbero molto disturbo. Speriamo che la fortuna si prosegue sempre ottima.
Innocente (fidanzato della sorella di Manetto, Felicina) a Vittorina
24 ottobre 1918
Carissima Vittorina e famiglia,
credo che avrà scritto ieri Manetto raccontandovi ciò che gli accade. In caso non aveste avuto sue, vi avverto io anche a nome suo, che ieri andò all’ospedale: è stato preso da un po’ di febbre come tanti altri della batteria. Pregovi non appassionarvi, che non è cosa grave. Non sono di quelle febbri spagnole. Parono giudicate febbre prodotte da un gruppo d’aria cattiva. Durano qualche giorno, poi spariscono. Anzi, i primi colpiti non li hanno nemmeno mandati all’ospedale, ma adesso vedendo che non terminano mai, appena hanno un po’ di febbre li mandano all’ospedale. State pur sicuri che passato 4-5 giorni Manetto sarà di nuovo alla sua batteria. Non ha nemmeno preso nulla della sua roba. […]
Innocente a Caterina, cugina di Manetto
4 novembre 1918
Carissima Caterina,
conosco quanto è mio dovere dare la triste sorte del povero Manetto, ma non ho il coraggio di avvertire la sua infelice famiglia. Scusandomi tanto, rivolgo a voi come sua cugina di fare il meglio mezzo per dare a loro avviso che questa mattina alla batteria è venuto l’avviso di morte. Si trovava in un ospedale vicino a Vicenza, parmi di nome il paese Paolaro. Andò all’ospedale 13 giorni fa con febbre, quali non erano nemmeno accusate febbre cattive, e nemmeno gli era stato trovato altro. La sua causa di morte non so di preciso quale sia stata, ma probabilmente di quella febbre che ormai ha sconvolto tutto il mondo. Sapete già che la guerra nel nostro fronte è già finita quindi immaginerete dei gridi di gioia che vi potevano essere da noi. Qui la bella notizia è giunta questa notte, ma siccome si dormiva si è fatto poca mossa. La mattina poi, potete pensare, ma io appena alzato mi hanno chiamato per comunicarmi di Manetto e, saputo ciò non ho potuto avere quel grido di gioia. Mentre i miei compagni cantavano, io ho dovuto piangere come mi fosse morto un fratello. Povero Manetto, era così buono e mi era tanto fedele amico che mai potrò dimenticarlo. […] Avrei pure bisogno di chiederci scusa per averli lusingati dicendogli che stava bene, invece poverino… Diranno che non volevo dirci nulla, ma proprio non sapevo nulla: è stata per me pure un’improvvisata benché triste.
Le immagini proposte non fanno da riferimento alle lettere in questione, ma provengono comunque dal materiale di corrispondenza della Prima Guerra Mondiale della famiglia Manetti.